Sono le sette di mattina, suona la sveglia; ma il suono conosciuto ed antipatico dura poco. Il tempo di spostare un braccio e la sveglia tace; è ormai almeno mezz’ora che il sole è alto, che i suoi raggi entrano dalla finestra dove, in mancanza di persiane o rotolanti, non trovano opposizione. Siamo già svegli e felici di esserlo.
L’umore è buono, il fisico seppur acciaccato da mille battaglie risponde subito ai comandi dimenticandosi di esserlo, la voglia di vivere un altro giorno esplode dentro ognuno di noi. I colori e gli odori della colazione appaiono ogni giorno diversi: arepa, uovo, prosciutto cotto,caffè con latte e succo di arancia. La frutta fresca, di mille colori, sembra la cornice perfetta.
In sottofondo la musica ruffiana di Carlos Baute: ” No hay mal que dure mil años ni cuerpo que lo resista yo me quedo en Venezuela porque yo soy optimista…” più o meno queste le parole della canzone che amo di più.
Mi fermo in Venezuela perchè sono un ottimista, si è vero, forse questa è la ragione che mi ha spinto a rimanere qua , a vivere qua, a pensare di costruire un futuro qua.
Il Venezuela, ed in particolare Isla de Margarita, ha diversi problemi legati ad un periodo di transizione politica e sociale, mille contraddizioni in termini economici, ovvi problemi di sicurezza come in moltissimi altri paesi del mondo, ma una cosa è veramente unica : la voglia di vivere a dispetto di tutti e tutto, la mancanza di alcun tipo di depressione, la felicità della gente anche nelle piccolissime cose di ogni giorno.
Alcuni turisti che vengono all’Isola con noi, appena arrivati, raccontano i vari problemi che si sono lasciati alle spalle in Italia e nel resto d’Europa; parlano di crisi economica, di insicurezza del posto di lavoro, leggi nuove, tasse nuove e divieti nuovi.
Hanno una espressione tirata, hanno reazioni nevrotiche davanti a qualsiasi ritardo, a qualsiasi ed inevitabile coda in areoporto o per strada. Li portiamo nel luogo dove soggiornano, a casa o in hotel, ed è incredibile vederli trasformare in pochi giorni in quanto a serenità, sorrisi, spensieratezza.
Parlano di sole , mare, scherzano tra loro come vecchi amici, mangiano cose che a casa non digerirebbero mai, bevono di tutto, ballano. Quanto è lontana l’espressione tipica di una lotta persa contro il sistema, la rassegnazione ad un paese che non riconoscono più in tradizioni e in maniera di vivere. Come sembra lontano il paese natio ed i suoi annosi ed irrisolti problemi.
La domanda, a quel punto, sorge spontanea: ” cosa potrei fare per rimanere qua a vivere?” .
La domanda sempre uguale assume connotazione diversa di volta in volta a seconda dell’espressione del viso che la accompagna e crea una confidenza con l’autore della domanda che spesso sfocia in un’amicizia confidenziale. Di mille potenziali ”emigranti felici” solo pochissimi sono, poi, quelli che realmente decidono di unirsi alla nostra piccola e crescente comunità felice ma, in tutti, la consapevolezza che una via di uscita può esistere rende il rientro a casa un passaggio psicologico più accettabile.
Magie di un’isola che rende felici.
questo è veramente il sogno della mia vita. una vita semplice, fatta solo di cose essenzi. mi piacereebbe aprire un chiringuito, spartano, economico essenziale, fatto solo di rapporti condivisi per far star bene e sentirsi bene. che bravo che sei stato. maria grazia